giocando sull’ambiguità del gesto e della parola.
Click boom.
Ci parleresti di come si è evoluta la tua ricerca, dai tuoi primissimi esordi fino ad oggi?
Ho cercato di sviluppare in maniera lineare il mio percorso di ricerca. L’interesse verso la fotografia e il cinema ha avuto una forte influenza nel primissimo periodo e si è progressivamente evoluto in quanto a tematiche e materiali.
Lo spazio ha rappresentato un ulteriore tassello fondamentale in questo percorso. Infatti, con l’aggiunta di questo elemento ho naturalmente ampliato il mio corpus di indagine verso altri campi quali la danza e il teatro: già e sempre presenti sullo sfondo del mio pensiero, ma che ora ricoprono un ruolo di maggiore rilevanza.
Quale orizzonte di sperimentazione vorresti percorrere nel prossimo futuro?
L’orizzonte di ricerca, in questo momento, lo individuo in un ampliamento della fisicità dell’opera, figlio del coinvolgimento, sempre maggiore, dell’evento teatrale.
Ho riscontato questa forte attrazione verso la “partecipazione” nel periodo immediatamente successivo alla pandemia: quel momento ha sempre più messo in luce come non sia solo lo schermo il veicolo attraverso cui mi esprimo, ma come sia necessario evidenziare la presenza e la fisicità. Secondo questo cambio di paradigma l’opera deve tendere ad essere meno soggetta ad un’osservazione passiva, ma comprendere nei suoi elementi una connessione più profonda e coinvolgente su più livelli sensoriali ampliando la relazione opera-spazio-corpo.
Yara Piras, mostra personale ATTO I - la ragazza con la pistola, Smdot, Udine, 2022.
C’è una lezione che hai appreso sulla pratica artistica, che oggi è diventata una tua carta vincente?
Ho compreso, che è utile lavorare in scala per visualizzare l’opera nella sua interezza, rendendo fruibile al pubblico l’idea in forma di progetto. Ad esempio, nella mostra personale ATTO I - La ragazza con la pistola presentai un plastico, fondamentale per la completezza e complessità della mostra: l’architettura in miniatura rappresentava un’installazione di difficile realizzazione e di una monumentalità a cui non ho ancora accesso. Ciò non toglie che un’opera possa essere comunque realizzata, semplicemente in formato ridotto.
In cosa consisteva il progetto del plastico?
L’architettura del plastico Shooting Range rappresenta un poligono da tiro con diverse postazioni. Nel progetto in scala reale il visitatore è invitato a prendere parte all’opera scegliendo una postazione nella quale è presente una macchina da presa con le sembianze di un’arma. Il classico bersaglio è sostituito da uno specchio; il tiratore ha a disposizione un solo sparo/ scatto. Ci si può guardare, ci si può riprendere e allo stesso tempo sparare, giocando sull’ambiguità del gesto e della parola. Click boom.
Terminata la performance/ installazione tutte le pellicole vengono giuntate insieme a
formare un film pronto per la proiezione. L’opera finale non è, quindi, semplicemente l’installazione, quest’ultima è, in realtà, il mezzo attraverso cui il film prende forma.
Yara Piras, Shooting range, ATTO I - la ragazza con la pistola, 2022.
Quali temi e riflessioni volevi sollevare all’interno di questa mostra?
Con Atto I - La ragazza con la Pistola volevo dare spazio ad una riflessione sulle modalità di percezione della pellicola, degli strumenti e delle azioni che circondano la proiezione. Nello specifico si voleva mettere in luce il parallelismo dialettico tra l’azione di mirare per sparare e mirare per filmare, dove la prima è un’azione distruttiva mentre la seconda costruttiva. L’idea è stata quella di costruire quella cornice simbolica dentro la quale è possibile inscrivere Shooting range: così come il plastico mostra il progetto, l’installazione permette di entrare più concretamente nel linguaggio visivo che si vuole definire.
L’opera principale era costituita da una postazione e un binario di un poligono da tiro che contiene al suo interno una videoproiezione. Per vedere l’opera nella sua interezza il visitatore è invitato ad entrare nella postazione e a salire sulla pedana dove ad aspettarlo non è un’arma da fuoco, ma una videocamera super8 con le sembianze di una revolver. L’occhio dello spettatore assiste alla proiezione attraverso il mirino della camera, azione normalmente riservata a chi registra il film. Il video contiene una serie di immagini dove viene mostrata la somiglianza della videocamera con una pistola: l'oggetto viene pulito, caricato e messo in azione con tre frasi distinte TO CLEAN, TO LOAD, TO SHOOT.
La video performance si conclude con una sparatoria puramente ideale, in cui le persone colpite, a loro insaputa, al posto di venire ferite sono riprese.
Quale è l’aspetto che preferisci dell'essere artista emergente? E che ruolo ha per te l’arte?
Rispondo alla prima domanda con, semplicemente, la parola artista.
L’arte ha un ruolo fondamentale per la crescita, per la rinascita e per l’immortalità, serve per non lasciarsi morire ed è l’unico modo di vivere che conosco. Ogni forma d’arte ci stimola e ci alimenta. Mai fidarsi di chi fa dieta di cultura, di solito è claudicante oppure non si regge in piedi.
REA QUESTION
Secondo la tua esperienza, quali sono i giusti ingredienti per una ricerca artistica sempre capace di rinnovarsi e crescere?
In tutta onestà non credo di avere abbastanza anni di esperienza per rispondere seriamente a questa domanda, quindi la lascio in bianco.
Yara Piras, lightbox (to shoot), ATTO I - la ragazza con la pistola, 2022.
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